Quayola has his first monograph, monumental and baroque as it should be. Edited by Valentino Catricalà and Nadim Samman, and published by Skira, the publication includes a number of essays, among them an as yet unpublished text I wrote a few years ago about his Laocoön series. A pdf of the original text (2017) is available here.
Domenico Quaranta, “Images in and beyond time: on Quayola’s Laocoöns”, in Valentino Catricalà, Nadim Samman (Eds), Quayola, Skira, Milano 2021, ISBN: 885724620, pp. 134 – 139.
ll video rende felici. Videoarte in Italiais a major publication on Italian video art, published in conjunction with an extensive exhibition at Palazzo delle Esposizioni and Galleria d’Arte Moderna in Rome, and edited by Cosetta Saba and Valentina Valentini. Hopefully at some point it will be translated into English, in order to offer to an international audience and scholarship a wide overview of the Italian contribution to the histories of Video Art from the Sixties. I had the pleasure to contribute with an essay on video in the age of platform capitalism, focused on practices of appropriation and re-use. A pdf version of my essay is available here.
Domenico Quaranta, “Il video nell’era del platform capitalism: social media, big data e cinema database”, in Cosetta Saba, Valentina Valentini (a cura di), Videoarte in Italia. Il video rende felici, Treccani, Roma 2022, pp. 553 – 561.
I wrote a short essay for the exhibition Better Call Mark, on view since June 9 at Galeria Fran Reus, Palma de Mallorca. Featuring works by Albrecht / Wilke, Arno Beck, Johannes Bendzulla, Pierre Clement, Olga Fedorova, Marian Garrido, Joan Heemskerk, Eva & Franco Mattes, Mario Santamaria, Bartomeu Sastre, Mathew Zefeldt, Better Call Mark focuses on the dissolution between the purely physical and online. My take on it is available online as pdf, and in this post, right after the break.
Mark is, of course, Zuch. The image above is a screenshot from Joan Heemskerk’s contribution to the show: the website and installation Aquay (2022)
Elena Giulia Rossi asked me a few questions about the topics of my book Surfing with Satoshi, one year after the first Italian edition, and in the days when cryptocurrencies are falling free and the new English edition of the book is coming out. The interview is now available on Arshake, in Italian and English (translated by the magazine). We discuss about the countercultural aspects of net-based art, the new challenges to the preservation of digital media, the blockchains environmental impact, speculative bubbles and utopian promises. Check it out!
I’m happy and proud to announce that my book Surfing with Satoshi. Art, Blockchain and NFTs is now available in English! Scheduled for release on May 25, the book can be pre-ordered on Aksioma’s online store with free shipping, alone or in a special combo with Hyperemployment. Post-work, Online Labour and Automation (2019), funnily named “Combo 40”.
L’effimero tangibile. Dal reale al virtuale: arti, spettacolo e prospettive di comunicazione digitale (GBE, Roma 2021) è una raccolta di saggi che offre un campione della produzione scientifica del Dottorato di Ricerca Digital Humanities. Comunicazione e nuovi media organizzato dall’Università di Genova, a cui ho avuto l’onore di prendere parte dal 2006 al 2009. La raccolta include un mio contributo, in italiano, sui temi che hanno nutrito la mostra e il progetto editoriale Hyperemployment: lavoro invisibile, intelligenza artificiale, postcapitalismo, automazione… Tra gli artisti discussi, Sebastian Schmieg, UBERMORGEN, Andrew Norman Wilson, Guido Segni, Eva e Franco Mattes, Michael Mandiberg, Elisa Giardina Papa.
Domenico Quaranta, “«Human in the Loop». Visualizzare la massa invisibile”, in Maurizia Migliorini, Sergio Poli (a cura di), L’effimero tangibile. Dal reale al virtuale: arti, spettacolo e prospettive, di comunicazione digitale, GBE / Ginevra Bentivoglio EditoriA, Roma 2021, pp. 201 – 212. PDF DOWNLOAD
Sollecitato da Alberto Fiz, ho contribuito al libro Collezionisti e valore dell’arte in Italia 2022, prodotto da Intesa San Paolo in collaborazione con Skira, con un breve saggio su collezionismo e arte digitale. Di prossima uscita, il volume è stato presentato oggi con un video in streaming presentato da Luca Beatrice, che ospita anche (dal minuto 35.30) una breve conversazione tra me e Alberto sul tema degli NFT. Non sono mai fiero delle mie performance verbali, ma lo splendido sfondo delle Gallerie d’Italia e il logo dell’Ansa valgono ben una condivisione.
[…] Coniato nell’ambito dell’occultismo, il termine eggregora definisce un campo mentale, una forma-pensiero che si manifesta come emanazione di un ampio gruppo di persone che condividono un contesto culturale comune. Arricchitosi nel tempo di contaminazioni con il pensiero teosofico e con l’idea dell’inconscio collettivo junghiano, in anni recenti il termine ha assunto nuove sfumature, venendo cooptato sia dalla teoria politica (le corporation sono eggregore, in quanto manifestazioni individuali di una collettività che esiste come soggetto giuridico) che dalla memetica. I memi sono sempre emanazioni di una collettività; la loro identità non evolve per iniziativa di un singolo, ma per centinaia di impulsi convergenti. In casi specifici, queste emanazioni possono assumere una vita propria e una qualità magica, trascendere lo spazio discorsivo in cui si sono formati, influenzare il cosiddetto mondo reale: in altre parole, diventare eggregore […]
L’eggregora è l’elemento unificante che raccoglie i diversi lavori presentati in «₳Ɽ฿Ł₮ɆⱤ Ø₣ ₩ØⱤⱠĐ₴», la personale di Rafman da Ordet, in una narrativa comune. Il titolo della mostra fa riferimento alla capacità delle eggregore di farsi «mastermind», di presiedere alla nostra comprensione dei mondi in cui si è frammentata la realtà e di cambiarne, con la loro occulta influenza, gli accadimenti, trasformando false notizie in verità condivise da comunità abbastanza ampie da assumere la concretezza della realtà, mobilitando masse, riscrivendo storie o la Storia.
Un breve testo sugli NFT che mi sono divertito a scrivere per un altro Domenico. Lunghezza, contesto e compagnia sollecitavano una forma – manifesto, non mi sono fatto pregare. Pubblicato in AAVV, Disordinary Beauty. The Torn Sense of Beauty, catalogo della mostra, Biffi Arte – Fuori Visioni, Piacenza 2021, pp. 29 – 30.
L’introduzione degli NFT ha portato il mercato dell’arte nata digitale a un salto di scala. Quello che ieri veniva considerato un mercato di nicchia, per collezionisti raffinati e coraggiosi, oggi ha un volume che supera il miliardo di dollari; opere che ieri venivano considerate invendibili sono oggi trattate come beni di investimento. Oggi, un file .jpg è la terza opera d’artista vivente più pagata al mondo, dopo un quadro e una scultura. Che esista un prima e un dopo Beeple non è una vanteria, è un dato di fatto.
Ma quelli economici non sono gli unici equilibri ad essere stati scombussolati. Creatori fino a ieri sconosciuti al mondo dell’arte fanno scomparire artisti con una lunga storia, una solida reputazione critica e un inattaccabile pedigree istituzionale. Il mondo dell’arte contemporanea boccheggia, e arranca per stare al passo. Attorno agli NFT si è costituito un altro mondo dell’arte, con tre attori principali: i creatori, le piattaforme, i collezionisti. Se le seconde assorbono, all’occasione, una porzione della funzione curatoriale (selezionando gli artisti, categorizzando le opere) sono i collezionisti i veri curatori di questo spazio. Sono loro, con i loro portafogli che grondano cripto, che decidono chi sale in cima alla piramide e chi è destinato a consolidarne la base, comprando criptovaluta e pagando gas fee. Se guardiamo alle opere dei 100 artisti più quotati, vediamo i loro collezionisti: il loro background culturale, i loro gusti estetici, la loro agenda politica, le loro passioni, la loro voglia di cambiare il mondo, la loro ignoranza in fatto di arte.
Non deridiamo l’ignoranza: è uno straordinario fattore di cambiamento e di innovazione. Sull’eccesso di conoscenza, sull’adesione incondizionata a un codice si costruisce un’Accademia, non un’Avanguardia. In fondo, è l’ignoranza che ha generato Beeple: l’ignoranza e l’economia, il desiderio di rendere visibile al mondo, attraverso un’immagine, come criptovalute e blockchain lo abbiano cambiato nei 13 anni della loro esistenza, e come potrebbero cambiarlo in futuro.
L’ignoranza non mi preoccupa, l’economia sì. Gli NFT sono il prodotto di un mondo dove, per ora, conti solo per quello che hai nel portafogli (trasparente, pubblico, accessibile a tutti). Qualsiasi cosa tu voglia dire, è il tuo wallet che ti da la voce per dirlo. Qualsiasi cosa tu voglia fare, implica una transazione. Accedi col wallet. Firma col wallet. Vota col wallet. Minta col wallet. Compra col wallet.
Gli NFT sono molto giovani. La loro rivoluzione è ancora pura, grezza, immatura. Il futuro dell’arte su blockchain dipenderà, in gran parte, da quanto questo mondo dell’arte resterà uguale a se stesso e da quanto si rivelerà in grado di cambiare, di ibridarsi, di attenersi o di rinunciare alle proprie istanze native.
Sull’ultimo numero di Artribune, Valentina Tanni ha curato un bello speciale sul metaverso, invitando artisti e autori (Marco Cadioli, Miltos Manetas, Matteo Lupetti, Auriea Harvey) a dire la loro. Io dico la mia a pagina 75.
Domenico Quaranta, “Il metaverso come spazio espositivo”, in Artribune, n. 64, gennaio – febbraio 2022, p. 75