Review: Flaminio Gualdoni

Book

Flaminio Gualdoni, “Domenico Quaranta, Media, New Media, Postmedia“, March 2011.

Guardando agli ultimi due decenni, si può ben dire che una parte assai significativa, forse la più importante, della ricerca è estranea al sistema di istituzionalizzazione dell’arte: perché disconosciuta, ma soprattutto perché ha scelto una programmatica estraneità.

Muove da queste considerazioni il ragionamento lucido di Quaranta, l’unico studioso oggi in grado di muoversi lucidamente sul confine tra pratiche canonizzate e pratiche variamente escluse o autoescluse: e s’interroga proprio sul perché questo confine sia stato tracciato, e su chi lo presidii.

Molti fattori sono in campo. L’enfasi e la fascinazione tecnologica, con punte di ottimismo scientistico; la sostanziale non amministrabilità e non mediabilità delle realizzazioni da parte delle istanze di omologazione e, più del mercato; la sottrazione del feticismo oggettuale e autoriale; l’ambiguità tra posizioni che coltivano strategie di riconoscimento, posizioni d’antagonismo radicale e altre ancora di sostanziale indifferenza a questioni di appartenenza.

Soprattutto, è in campo quella che un tempo si usava designare come etica hacker, e una dematerialization compiutamente diversa da quella prospettata anni fa, nel cuore della neoavanguardia, da Lucy Lippard.

Il punto cruciale, ben si avvede Quaranta, è il significato da attribuire alla terminologia stessa. Dire New Media o dire Net Art può essere un’indicazione problematica d’area operativa, dunque un’ipotesi critica a basso gradiente di definizione, oppure una forma di per se stessa d’ambizione istituzionalizzante, che si pone in rapporto con un’altrettanto stabilizzata definizione d’artistico.

D’altronde, stabilizzare la definizione di un fenomeno mentre esso è in pieno svolgimento è uno dei modi di autostoricizzazione preventiva tipici proprio dell’avanguardia che si è fatta museo e manuale, sulla base della convenzionalizzazione forzosa, con relativi meccanismi d’inclusione ed esclusione, dell’ambito detto d’arte.

L’interesse e il valore – valore radicale, anche se non mediabile economicamente, socialmente, e nell’immediato culturalmente – di molte di queste pratiche sta proprio nell’ampliamento brusco di scenario dei possibili concettuali ed espressivi, ivi compresa la laica remise en question del primato e del potere di riconoscimento da parte del mondo dell’arte.

Ciò rende necessari tentativi continui, reiterati, d’approccio e di comprensione, come questo libro. Che a prendere l’iniziativa non sia, non possa essere, il complesso delle istituzioni artistiche, è normale, dai Refusés in poi. La difficoltà ulteriore è che in quest’epoca lo stesso muro confinario dell’artistico si sta rivelando un’illusione scenografia e non una barriera vera. Duchamp, oggi, si divertirebbe molto.

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