Beyond Financialization: Blockchain, Mysticism, Community and Art

Lectures

[English version below] Nel corso degli ultimi anni, la blockchain si è imposta non solo per la sua funzione originaria di registro destinato al conio e alla circolazione delle criptovalute, ma anche come infrastruttura fondante di una nuova visione di internet, basata sull’anonimato, la crittografia, la decentralizzazione, la protezione e il controllo individuale dei dati: il cosiddetto Web3. All’indomani dell’esplosione della bolla speculativa degli NFT, e in una fase di crisi delle criptovalute, è urgente in ambito artistico una riconsiderazione degli aspetti meno visibili e meno discussi della blockchain, per capire non solo come l’arte possa usarla, ma anche come possa condizionarne lo sviluppo futuro: analizzando e decostruendo le narrative dominanti, investigando le culture e le ideologie che l’hanno plasmata, approfondendo le sue applicazioni sociali e le potenzialità che offre in termini di costruzione comunitaria e di governance.

Introdotta e moderata dal prof. Domenico Quaranta, la conferenza Beyond Financialization: Blockchain, Mysticism, Community and Art approfondirà queste questioni con l’aiuto del prof. Martin Zeilinger, ricercatore, curatore e Senior Lecturer in Computational Arts and Technology alla Abertay University di Dundee, Scotland; e della ricercatrice e curatrice Inte Gloerich, attualmente impegnata in un dottorato di ricerca promosso dalla Utrecht University e dall’Institute of Network Cultures di Amsterdam sugli immaginari tecnosociali della blockchain.

Vito Campanelli

Quote

“After spending several days at a major European festival of digital art and culture, I had the impression of a community in which good manners and friendship where the rule. Smiles, handshakes and back-patting dominated within this laidback atmosphere, in which the participants were safe from unwanted or threatening currents. This brings to mind Baudrillard’s reference to a certain ‘accomplice paranoia’ in the world of contemporary art. In other words, this is a scene that constantly eludes the possibility of critical judgment, and leaves space only for a friendly, necessarily convivial, sharing of nothingness’. In such a context, open dissent is seen as utterly inappropriate. Nothing is allowed to disturb the quiet harmony of a community that in fact comes together for comfort rather then to confront.”

Vito Campanelli, Web Aesthetics, Institute of Network Cultures / NAI Publishers, Rotterdam 2010, pp. 42 – 43.