Luciano Marucci mi ha fatto un’altra delle sue interviste fiume per Juliet, all’interno di una lunga inchiesta che sta conducendo dal titolo “Produzione creativa e identità”. Il pdf integrale è linkato qui sotto, seguito da una selezione di citazioni di cui vado abbastanza fiero. Buona lettura!
Luciano Marucci, “Produzione creativa e identità. Riflessioni sulla genesi e l’evoluzione (IV)”, in Juliet, n. 200, pp. 36 – 39.
“Nel 2020 la pandemia ha fatto della mediazione l’unica modalità possibile di fruizione: una condizione senza alternative. Questo sviluppo ha accelerato e in certi casi forzato la digitalizzazione, ma non può non indurci anche a un ripensamento del rapporto tra presenza e mediazione. Nella vita e negli affetti, l’esperienza forzata della distanza e della mediazione ci ha portato a ri-attribuire importanza alla presenza e al contatto: è inevitabile che questo accada anche nel campo delle esperienze artistiche. L’arte è già per sua natura mediazione, concrezione di un’idea in una forma, espressione di un contenuto attraverso un linguaggio specifico. La priorità, per me, resta sempre quella di presentarla come l’artista stesso l’ha concepita, nello spazio da lui scelto, rendendo invisibile la mediazione curatoriale. Viceversa, presentarla in un ambiente non suo (dallo spazio fisico alla rete, dalla rete allo spazio fisico), o attraverso modalità esperienziali che non appartengono all’opera originaria (la realtà virtuale, l’installazione multimediale) è un’operazione molto delicata che va curata con grande attenzione per evitare falsificazioni e tradimenti. In questo caso, la mediazione deve, a mio parere, essere visibile, e attribuita, in quanto vera e propria operazione autoriale: chi ne è responsabile? Il curatore? L’artista? È giunto il momento di dire che un quadro non è un file JPG, e che se voglio presentarlo in rete il modo deve essere conseguenza di una scelta consapevole, non di una convenzione prestabilita. A queste condizioni, sicuramente la mediazione può favorire un maggiore accesso, parola che preferisco a consumo.”
“Dobbiamo acquisire la consapevolezza, a tutti i livelli (individuale, istituzionale, scolastico) che la rete è ormai diventata il nostro spazio pubblico primario. La cultura digitale dovrebbe essere integrata nell’educazione civica. Non possiamo delegare la gestione di questo spazio pubblico alle community guidelines delle compagnie che ci permettono di accedervi, né ai criteri censori degli algoritmi e dei moderatori di contenuti.”
“… oggi per me la vera sfida non sono la digitalizzazione e la virtualizzazione, ma la ricerca su nuove forme di presenza. È lì che dobbiamo settare il nuovo traguardo, mentre i tardivi della digitalizzazione arrivano a completare il vecchio circuito: nel generare contatto, socialità non mediata, coinvolgimento di tutti i sensi (non solo la vista e l’udito), nuove ritualità per lo spazio espositivo.”
“Davanti alle tecnologie, siamo sempre le cavie di un esperimento di cui non conosciamo gli esiti. Ci vogliono anni perché venga introdotto un nuovo vaccino, ma ci tuffiamo in Tik Tok o Zoom senza una rete di protezione, e senza che nessuno possa veramente dirci quali saranno i loro effetti a lungo termine su di noi, e ancor più sui nostri figli o nipoti.”