Censored by Pak & Assange & Me

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Censored #26500

I’ve been watching “Collateral Murder” with my students again and again since it was released in 2007. Watching it together is a kind of ritual, a group prayer, a tribute to the victims of the killing, a way to refresh (in my mind) and to distribute and implant (in the minds of others) one of the most outstanding images of war of all times and one of the most representative of our time. And we have to thank Chelsea Manning and Wikileaks for it. This is why I engaged in censored.art and tokenized this sentence. Proceeds raised from the NFT sale will benefit Assange’s legal defense fund and campaign to raise awareness about the free speech implications of his case. More information here.

I have my (outspoken) concerns about crypto, but honestly – I didn’t stop using PayPal and Visa when they boycotted Wikileaks for gifting us “Collateral Murder” and other truth about wars. Nobody on the bright side of the chain is doing a darn thing to save Assange from 175 years in prison, so why not mint a fucking #NFT instead?

Censored is a collection by Pak & Assange & You. 29.8K statements have been minted by 29.8K owners, while a unique dinamic nft, named Clock, was sold at auction for 16.593 eth.

Fungible Reading List

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I finished writing my book, Surfing con Satoshi. Arte. blockchain e NFT (Postmedia Books, Milano 2021) on May 4, 2021. Here you can find its full bibliography. Since then, I kept reading things on related topics, and saving links and references on a text file, sometimes with short captions that I found relevant. I will keep doing it here, in shared form. Feel free to send me useful readings and enjoy!

Mediazione, presenza e pandemia

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Luciano Marucci mi ha fatto un’altra delle sue interviste fiume per Juliet, all’interno di una lunga inchiesta che sta conducendo dal titolo “Produzione creativa e identità”. Il pdf integrale è linkato qui sotto, seguito da una selezione di citazioni di cui vado abbastanza fiero. Buona lettura!

Luciano Marucci, “Produzione creativa e identità. Riflessioni sulla genesi e l’evoluzione (IV)”, in Juliet, n. 200, pp. 36 – 39.

Danilo Correale “Reverie, On the Liberation from Work” 2017, installata per la mostra “Hyperemployment”, a cura di Domenico Quaranta, International Center of
Graphic Arts, Ljubljana, 7 novembre 2019 – 19 gennaio 2020. Produzione: Aksioma – Institute for Contemporary Art, Ljubljana (ph courtesy Jaka Babnik)

“Nel 2020 la pandemia ha fatto della mediazione l’unica modalità possibile di fruizione: una condizione senza alternative. Questo sviluppo ha accelerato e in certi casi forzato la digitalizzazione, ma non può non indurci anche a un ripensamento del rapporto tra presenza e mediazione. Nella vita e negli affetti, l’esperienza forzata della distanza e della mediazione ci ha portato a ri-attribuire importanza alla presenza e al contatto: è inevitabile che questo accada anche nel campo delle esperienze artistiche. L’arte è già per sua natura mediazione, concrezione di un’idea in una forma, espressione di un contenuto attraverso un linguaggio specifico. La priorità, per me, resta sempre quella di presentarla come l’artista stesso l’ha concepita, nello spazio da lui scelto, rendendo invisibile la mediazione curatoriale. Viceversa, presentarla in un ambiente non suo (dallo spazio fisico alla rete, dalla rete allo spazio fisico), o attraverso modalità esperienziali che non appartengono all’opera originaria (la realtà virtuale, l’installazione multimediale) è un’operazione molto delicata che va curata con grande attenzione per evitare falsificazioni e tradimenti. In questo caso, la mediazione deve, a mio parere, essere visibile, e attribuita, in quanto vera e propria operazione autoriale: chi ne è responsabile? Il curatore? L’artista? È giunto il momento di dire che un quadro non è un file JPG, e che se voglio presentarlo in rete il modo deve essere conseguenza di una scelta consapevole, non di una convenzione prestabilita. A queste condizioni, sicuramente la mediazione può favorire un maggiore accesso, parola che preferisco a consumo.”

“Dobbiamo acquisire la consapevolezza, a tutti i livelli (individuale, istituzionale, scolastico) che la rete è ormai diventata il nostro spazio pubblico primario. La cultura digitale dovrebbe essere integrata nell’educazione civica. Non possiamo delegare la gestione di questo spazio pubblico alle community guidelines delle compagnie che ci permettono di accedervi, né ai criteri censori degli algoritmi e dei moderatori di contenuti.”

… oggi per me la vera sfida non sono la digitalizzazione e la virtualizzazione, ma la ricerca su nuove forme di presenza. È lì che dobbiamo settare il nuovo traguardo, mentre i tardivi della digitalizzazione arrivano a completare il vecchio circuito: nel generare contatto, socialità non mediata, coinvolgimento di tutti i sensi (non solo la vista e l’udito), nuove ritualità per lo spazio espositivo.”

Davanti alle tecnologie, siamo sempre le cavie di un esperimento di cui non conosciamo gli esiti. Ci vogliono anni perché venga introdotto un nuovo vaccino, ma ci tuffiamo in Tik Tok o Zoom senza una rete di protezione, e senza che nessuno possa veramente dirci quali saranno i loro effetti a lungo termine su di noi, e ancor più sui nostri figli o nipoti.”